Questo blog inizia da questo libro. E da tante altre cose che, in quel modo sottile e apparentemente casuale che ha la Vita di lavorare, si stavano muovendo intorno a me. Qualche settimana fa, era una sera ed ero appena tornato da un lungo seminario sul Calendario Sacro Maya. Ero partito per quel seminario carico di quaderni nuovi ed una abbondante scorta di penne, pronto a riempirmi di appunti e ad accumulare tutte le nozioni possibili: il calendario sacro maya è un sistema antichissimo di numerazione del tempo e, per quanto lo conosca, continua a mostrare sempre nuovi livelli, nuovi strati da esplorare ed in cui perdersi. Ma io ero pronto, a fermare nozioni sulla carta, tracciare schemi e diagrammi, carpire il segreto sulla struttura nascosta dello T’zolkin (il calendario sacro maya, appunto), come un esploratore bianco alla conquista dei segreti della foresta tropicale…

Ma quasi niente andò come mi ero aspettato. O meglio, ho riempito sì pagine e pagine di appunti, informazioni, schemi e liste. Ma nel frattempo, durante i giorni del seminario, l’uomo che conduceva il lavoro (un Aiq’ij, parola difficilmente traducibile nella nostra cultura, qualcosa come “sacerdote del calendario maya”), continuava a parlare di un tema che alla fine è nascosto, neanche troppo, in ogni piega di quel meraviglioso calendario: la realizzazione del proprio progetto di vita. E ha continuato a ripetere queste parole incessantemente, per giorni, come un mantra. La mia testa, tutta intenta a prendere appunti e disegnare schemi, non ci ha fatto caso, ma quelle parole sono entrate, hanno attecchito, hanno cominciato ad affondare radici e a farsi spazio.

E con quell’inquieto germoglio piantato appena sopra l’ombelico, sono tornato a casa. E qui arriva il libro. Sul quale sono inciampato per caso, trovandolo appoggiato sul comodino della mia compagna. La Vita, pare, quando sei pronto trama con un’eleganza sorprendente.

Ho iniziato a leggerlo, senza sapere bene perché. In qualunque altro momento l’avrei evitato adducendo mille spiegazioni logiche (che è un bel modo per dire “pregiudizi di una mente pigra”): non mi convincono mai troppo i saggi che danno facili soluzioni a problemi personali, lei è una scrittrice di “libri leggeri” (sì, sono un lettore terribilmente snob), per di più è un’americana (con quell’ottimismo tutto loro, che i miei lati più pesanti guardano sempre con sufficienza), e via così. Invece, grazie alla Vita, e a quella piantina sullo stomaco, ho iniziato a leggerlo.

Non voglio farla lunga. Dirò solo che la scrittrice ha preso, con leggerezza, una ad una tutte le mie convinzioni, le mie credenze ereditate sul costruire un proprio progetto, sul creare ciò che realmente vogliamo, e le ha smontate. Perché io, come credo la maggior parte di noi, siamo ripieni come tacchini di pensieri del tipo “mi piacerebbe, ma non ho tempo”, “i sogni sono belli, ma dobbiamo restare con i piedi per terra”, “ho da pensare alle bollette”, “lavorare è fatica e sacrificio”, “se ti diverti, in fondo non è un vero lavoro”, e via così per chissà quanto. Sono arcisicuro che queste frasi non vi suonano affatto nuove.

E alla fine è andato così, con la mia piantina sullo stomaco che continuava a dirmi “guarda che hai un tuo progetto da realizzare, è l’ora che ti svegli” e quel libro sul comodino, ho deciso di fare il primo passo, e aprire questo blog.

Per realizzare un progetto sì, ma anche per condividerlo con gli altri, con voi. E per dimostrare che, al di là di tutte le mie credenze stantie e poco originali, ha ragione quello che una volta mi disse un’anziana di tradizione messicana, una donna medicina Chichimeca, e che in qualche modo riassume  il punto focale della questione:

Sì, se puede.

P.s.: se il libro ti ha incuriosito, lo puoi trovare qui.