Nei percorsi di crescita personale si parla spesso di difficoltà personali, ostacoli, sfide, ferite emotive. E del modo giusto, o migliore, per affrontarli. Negli anni mi è stata passata la visione per cui tutte le cose che ci accadono, belle o brutte che siano, hanno un senso per la nostra vita.
Hanno un senso perché sono una risposta della Vita ad una domanda che neanche ci siamo accorti di aver fatto, perché da quella esperienza abbiamo qualcosa da imparare, oppure perché siamo pronti, e abbastanza forti, per poterla finalmente affrontare. Se qualcosa succede nella nostra vita, dicono, è perché in quel momento siamo in grado di abbracciarla e viverla.
Sono tutte belle parole e, pensando alle belle esperienze, suonano benissimo. Ma che succede quando le esperienze che arrivano sono pesanti, dolorose, brutte?
Sono partito con questi discorsi perché è quello che mi è successo ultimamente: mi sono ritrovato ad affrontare una situazione pesante, inaspettata, che si è rivelata più difficile del previsto.
Niente di grave, né di irreparabile, ma abbastanza tosta da toccare un punto sensibile dentro di me, picchiando sodo sotto la cintura. Di colpo, senza preavviso, mi sono ritrovato indietro di anni, nei panni di un adolescente insicuro e ferito che si sente messo a giudizio, disapprovato, respinto. Mi stavano mettendo sotto pressione, sotto un esame serrato che continuavo a bocciare una volta dopo l’altra, stretto tra persone la cui autorità mi faceva diventare sempre più piccolo.
Lo ammetto: se li guardo da fuori, gli eventi in sé sono stati banali e quasi senza interesse, ma dentro di me si è mosso un mondo di onde e ferite emotive ancora aperte. La cosa interessante però è stata la scelta che mi si è posta davanti.
Mi sono ritrovato a rimuginare quelle frasi di prima, quelle da “tutto ha un senso per la tua vita”. E a chiedermi se, dopo tanti anni di cammini spirituali e lavori di crescita personale, ero in grado di fermare la parte di me pronta a partire con la vecchia litania del “povero me” e del “che sfiga”, e guardare l’esperienza che stavo vivendo come un’opportunità. Se davvero ci credevo oppure no. Ti è capitato qualche volta, nel bel mezzo di un problema, una difficoltà, una qualunque sfiga, di chiederti “che senso ha ora questo nella mia vita?”, “cosa posso farne?”.
A me è successo che farmi quella domanda ha ribaltato tutta la situazione. Ho vinto la tentazione di prendere quel ragazzino tremante, fargli due coccole, ficcarlo dentro il cassetto e girarmi dall’altra parte. E ho guardato quello che stavo vivendo davvero come un’opportunità, un’avventura: sono rimasto dentro le scarpe di quel ragazzino, l’ho portato davanti ai mostri che lo stavano spaventando tanto, e finalmente gli ho fatto fare qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo. Fino a quando ha smesso di tremare, è stato di fronte ai suoi mostri da pari, e alla fine li ha attraversati.
Lo confesso: è stata la cosa migliore che potessi fare per me.
Così ho capito quello che vogliono dire quando dicono di vivere la propria vita come un’opera d’arte. Non sta tanto nel superare una prova: ognuno di noi ha superato mille volte esami, ostacoli, sfide. La differenza, almeno per me, è stato nell’averlo scelto. Ho scelto di restare con quel ragazzino e dargli la possibilità di prendere la solita vecchia storia di sempre, e riscriverla con un nuovo finale, quello che voleva lui. E oltre tutte le paure e le insicurezze, metterci anche un fuoco di curiosità, coraggio e avventura. E alla fine restare lì ed affrontare i miei demoni, i miei pinche tirannos (come li chiamava Castaneda), è stata la migliore avventura che potessi andare a cercarmi.
Ho scritto tutta ‘sta storia non per dire quanto sono stato bravo: non ho certo ribaltato la mia vita o fatto qualcosa di unico o straordinario. Ma avevo una gran voglia di condividerla, anche usando questo blog, e di chiedere a te se ti è mai capitato, se ti sei mai ritrovato in una situazione difficile sentendo dentro di te la voglia di affrontare le tue paure, di danzare con loro, di vedere cosa c’era oltre. E se alla fine ne sei uscito cantando la tua vittoria. Lo confesso, mi farebbe molto piacere sentire la tua storia.
Qualche anno fa dona Margarita Nunez (una donna medicina chichimeca, membro del Consiglio Intertribale degli anziani d’America) parlando in cerchio disse che dobbiamo scorrere lungo la nostra vita, passando da un’esperienza all’altra, ringraziando per ognuna di loro. E che la forza sta proprio nel dire, anche ai momenti più brutti: grazie per l’esperienza.