Da sempre, si parla della nostra come di una cultura patriarcale.

La culla della nostra società sono state civiltà e culture marcatamente patriarcali, quella Greca prima di tutte, e da lì attraverso i secoli gli uomini hanno rafforzato un sistema di pensiero filosofico, etico e religioso che giustificava la costrizione delle libertà delle donne nella vita sociale, privata e sessuale, ed il loro controllo da parte degli uomini, che invece detengono il potere e le libertà.

E’ fuor di dubbio, siamo passati attraverso secoli e secoli di patriarcato. E se adesso però il patriarcato fosse morto? Se continuassimo a vedere, lottare e contestare, un sistema che non c’è già più? Se ci stessimo accanendo contro un cadavere? Mi spiego.

Un sistema patriarcale, per quanto iniquo e sbilanciato, quando funziona porta a modo suo una visione forte, luminosa e positiva di un potere maschile. Quello che nel pensiero mitologico viene identificato con il Re Bianco: pensa a Zeus o a Re Artù, un re illuminato capace attraverso le sue qualità, ed il contatto con il divino che il suo percorso personale gli ha portato, di guidare gli uomini, proteggere, giudicare, irradiare luce ed arginare il caos. Ed insieme al Re Bianco, in un gioco di equilibrio tra opposti, c’è anche la parte d’ombra, quella del potere che schiaccia, che sopraffà, che distrugge: il Re Nero.

Ora, nel Novecento è successo che, con i movimenti degli anni ’60-’70, una generazione ha cercato la rottura con il precedente status sociale, con il mondo, i valori, le regole della società dei loro genitori. Sognando una nuova società da costruire, da creare con nuove regole, nuovi valori, nuove visioni, una nuova arte, cultura, musica, linguaggio, che fossero lontani da quelli della generazione precedente (“Non credere a nessuno che abbia più di trent’anni”).

Una parte importante di quel movimento fu il movimento femminista, che portò ad importanti passi avanti nell’emancipazione della donna nella società, nella presa di coscienza della donna del suo potere personale, della sua libertà e del suo ruolo sociale. E questo movimento coinvolse anche gli uomini, che cercarono una rottura anche con la visione del maschile della società dei genitori: l’immagine di un uomo duro, chiuso in se stesso, indifferente alle necessità emotive della donna, anche aggressivo e brutale. Così come le donne cercavano dentro di sè una nuova identità personale, così gli uomini andarono verso una nuova visione del maschile, più “morbida”, empatica, accogliente, cercando il proprio lato femminile.

Intendiamoci, non voglio affatto proporre un giudizio negativo sui risultati dei movimenti sociali di quegli anni. Trovo che siano stati passi avanti importanti, sia per l’uomo che per la donna. Ma se è vero che l’uomo è andato a cercare il lato femminile dentro di sè, è anche vero che non ha fatto il passo successivo: non è andato alla ricerca di un nuovo maschile dentro di sè.  Ed ha finito con l’adottare il punto di vista inconscio delle donne sul maschile: un maschile gretto, arido, violento e pericoloso, di cui non fidarsi. E’ quindi successo che qualunque visione sociale del maschile è stata identificata con il maschile più retrivo, aggressivo e patriarcale. E in questo, per carità, le donne non avevano certo torto. Ma noi -noi uomini- forse dovevamo, anche per loro, andare avanti nel cammino e fare un passo in più. Perché nessun uomo, da quella generazione in poi, è cresciuto con un’immagine inconscia positiva del maschile, e quindi dell’uomo che sarebbe diventato.

Se ci pensi, quali sono state le ultime figure maschili, che fossero positive e luminose su un piano sociale, che incarnassero le qualità di un potere maschile illuminato e ispirato, che fossero, in sostanza, l’incarnazione del Re Bianco? Gli ultimi, a mio avviso, sono proprio di quegli anni di contestazione: mi viene in mente J.F. Kennedy (che non a caso citava spesso Re Artù), Martin Luther King…. E dopo, chi altro? Da allora è diventato patrimonio comune l’idea che qualunque politico, qualunque uomo di potere sia corrotto, marcio, avido, debole. Nessuno si fida più dei politici, o di qualunque figura maschile di potere. Il Re Bianco non c’è più, è morto: è rimasto solo il Re Nero.

Oggi siamo pieni di Re Neri, da ogni parte: Trump, Putin, Bin Laden, generali sudamericani,  dittatori mediorientali e capi fondamentalisti…

Perfino in una saga così piena di simboli e rimandi alla mitologia come quella di Star Wars, troviamo un Re Nero (Darth Vader) e neanche mezzo Re Bianco….

Ad essere onesti, se ci penso uno però lo trovo: l’ultimo Re Bianco della nostra storia recente è stato Barack Obama. E, ammettiamolo, con quanto stupore e sorpresa siamo stati a guardare la sua ascesa? Quante volte lo abbiano guardato come una strana figura, così positiva e luminosa da non riuscire neanche a capirla o ad ammetterla? Una sorta di unicorno. Perfino le speranze che sentivamo crescere dentro di noi, mentre lo vedevamo salire, ci risultavano nuove e strane…

Allora, se siamo così assuefatti all’idea che il maschile è solo negativo, e che il Re è solo Nero, allora sì, il patriarcato è morto! E può essere anche una cosa positiva, ma il negativo è stato aver fatto mezzo passo avanti e non uno intero. Aver abbattuto l’immagine del maschile precedente, senza aver lavorato per ricostruirne una nuova, luminosa ed evoluta.

E’ tempo di costruire un maschile nuovo, dentro di noi uomini prima di tutto. E’ tempo di riscoprire un percorso di crescita interiore per gli uomini, di conoscenza di sè. Dove ci si aiuti gli uni con gli altri. Dove gli uomini più anziani guidino i più giovani. Dove si riscopra il senso ed il valore anche di cerimonie di iniziazione, dove i giovani uomini vengano accolti nel cerchio degli adulti, venga loro riconosciuto uno spazio nella comunità, e venga loro indicata una strada, un percorso interiore per trovare il proprio Maschile sacro. Per poter fare di nuovo posto dentro di noi sia al Re Nero che al Re Bianco. E poi, da lì, portarlo fuori nel mondo.