Dopo il post su Apollo, oggi voglio parlare di un altro archetipo maschile del pantheon greco: Efesto, il dio fabbro che vive nel profondo del vulcano. L’accostamento tra i due dei è impegnativo: a ben vedere, sono due figure maschili che più diverse non potrebbero essere!
A partire dalla parentela: più o meno tutti gli dei dell’Olimpo hanno tra di loro una parentela di primo grado (figli di, fratelli di, genitori di…), mentre Apollo ed Efesto tra di loro non sono un bel nulla. Fanno parte tutti e due del “gruppo dei figli”, è vero, ma stando ad una delle versioni in cui viene raccontata la storia, non sembrano avere neanche un genitore in comune. Mentre Apollo è stato generato da Zeus e Leto (della stirpe dei Titani), Efesto, in una delle versioni della storia, nasce da Era soltanto. Pare che Era, indispettita dal fatto che Zeus avesse generato Atena tutto da solo, decide per ripicca di fare altrettanto. Sfortunatamente, il tentativo di Era non va così a buon fine come quello di Zeus, e genera un figlio storpio, Efesto appunto. Lasciamo perdere l’idea di un pantheon tanto patriarcale da rendere gli uomini più bravi delle donne nel dare la vita (!), e torniamo ad Efesto appena nato. Era, irritata per l’infelice risultato del suo tentativo, lo scaglia giù dall’Olimpo.
Efesto tornerà di tanto in tanto sull’Olimpo, e avrà compiti importanti creando poderose armi e meravigliosi gioielli per tutti gli dei. Ma di fatto non sarà mai ben accolto nell’Olimpo, e quasi sempre malamente sbeffeggiato dagli altri. Per fare giusto un esempio: con tutta l’astuzia e la maestria di cui è capace, Efesto coglie in flagrante adulterio Afrodite (sua moglie) insieme ad Ares, catturandoli con una invisibile rete d’oro nascosta nel suo stesso letto; chiama a raccolta gli altri dei, perché siano testimoni dell’onta da lui subita, ma quelli per tutta risposta prendono la vicenda sul ridere, senza mostrare la minima solidarietà per il marito tradito.
Già qui possiamo vedere la distanza tra Apollo, il figlio splendente, adorato e ammirato da tutti, ed Efesto, figlio schifato e scansato da tutti…
Efesto però eccelle in una cosa, in cui nessuno gli è uguale: la sua arte creativa. Arte molto manuale, lui è il fabbro, l’inventore. E’ lui che crea i fulmini di Zeus, e le armi e le armature di buona parte degli dei, nonché infiniti altri marchingegni e gioielli. Se nell’Olimpo è svalutato e mal accolto, nella propria fucina, nascosta nel profondo della terra, lui è il re. Efesto è l’archetipo dell’uomo che, andando nel profondo di sé stesso, riesce a toccare le proprie ombre e ferite emotive, e trasformarle in arte. E’ il tipo introverso, chiuso nelle proprie stanze interiori, spesso perso nelle proprie onde emotive, e che da quel punto crea opere d’arte, scrive, costruisce macchine ingegnose.
Ti capita di sentirti di tanto in tanto un po’ Efesto? O magari ti risuona in pieno, e hai subito riconosciuto la tua personale fucina? Anche se non lo sei, sono sicuro ti venga in mente un amico, o un parente, che è esattamente così. E’ l’amico di poche parole, timido ed introverso (quello che “non si sa mai cosa pensa”), ma bravissimo a disegnare o tremendamente abile con il computer. Lo si sente parlare poco, sempre timoroso di esporsi, ma quando si apre mostrando le proprie emozioni o condividendo le proprie creazioni, lascia tutti a bocca aperta: nessuno si sarebbe mai immaginato che dentro di lui ci fosse un mare così impetuoso di pensieri ed emozioni.
Ma da dove Efesto pesca il suo potere creativo? Dal punto di partenza, da quando appena nato è stato scacciato dalla madre e dalla sua comunità: la sua ferita emotiva. Lui è il bambino rifiutato e abbandonato, deriso e scansato da tutti. Nella storia di Efesto, il danno più grande da lui subìto diventa la sua risorsa più preziosa. Qualunque sia nella vita di un uomo quella ferita interiore, Efesto ci insegna che può essere trasformata, può diventare il materiale, l’energia che sostiene il suo potere creativo. E attraverso questo processo lui riesce a curare se stesso. Perché una volta trasformata in qualcosa di nuovo e creativo, quella ferita non è più nel profondo di lui: la ferita smette di essere qualcosa che lo consuma dentro, in cui lui si chiude e si identifica come vittima, per diventare attraverso l’arte e la maestria di cui è capace, la sua stessa medicina.
Come può un uomo Efesto fare questo passo, e superare l’archetipo e la sua ferita? Beh, in questo curiosamente Efesto deve imparare dal suo poco fratello Apollo. Uno dei motti del dio del sole è difatti “conosci te stesso“: un uomo Efesto deve necessariamente scendere nel profondo di sè, dentro la propria fucina, e andare a guardare e affrontare quella ferita interiore. Può farlo in mille modi, in percorsi psicoterapeutici, di crescita personale, spirituali, qualunque cosa per lui funzioni. Ma da lì dovrà necessariamente passare. Conoscere se stesso gli permetterà di conoscere di più anche gli altri, e di uscire dall’isolamento in cui la sua “fucina” spesso lo relega.
Un altro aspetto nella storia di Efesto, che è una sua risorsa importante, è sua moglie. Curiosamente, nonostante sia il più scansato e reietto tra tutti gli dei, Efesto è sposato con Afrodite. Nonostante le sue avventure sensuali, il suo vivere nel qui e ora e nei sensi, Afrodite sceglie come compagno Efesto. Nessun macho, nessun golden boy, nessun divo: sceglie Efesto. Perchè? Perché quello che la accende nel profondo è la passione creativa di questo uomo, il suo fuoco interiore, probabilmente anche tutto quel mondo interiore, tormentato e ferito, con cui lui è in contatto. E un uomo Efesto ha bisogno di fare posto nella propria vita ad Afrodite: oltre a rendere le sue creazioni funzionali, dovrà ricercare il bello nelle sue opere. Godere della propria creatività, immergersi nel qui e ora del suo processo creativo. Fare di Afrodite la sua musa. Se qualcun altro tenterà di svalutare e sminuire le sue opere, lui non ne resterà più bloccato e ferito, non dipenderà dall’approvazione degli altri, perchè il suo centro resterà il piacere del proprio processo creativo e la sua continua ricerca del bello. In questo sta il matrimonio tra il tormentato Efesto e la bellissima Afrodite.
Per quanto mi riguarda, devo ammettere che non è l’archetipo in cui mi ritrovo di più, ma più di una volta mi è capitato lo stesso di ritrovarmi chiuso in quella fucina insieme ad un’emozione ferita. Ed è vero, almeno nella mia esperienza, che la via d’uscita è solo abbracciare quella ferita, guardarla fino in fondo, e alla fine trovare un modo per trasformarla in qualcosa di bello, per sè e per gli altri.
E tu, come ti fa sentire il racconto di Efesto? Ti risuona il mondo interiore di questo archetipo? Dai, raccontami la tua storia con Efesto!
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