Hai presente quando, andando dritto verso una meta precisa, inciampi in qualcos’altro che di colpo ti appare così importante da farti cambiare strada? Ecco: in origine avevo pensato di scrivere un post su Ade, come archetipo maschile. Ma scrivendo parola dopo parola, è diventato sempre più urgente parlare di ciò che sta prima di Ade: la strada per arrivare nel suo regno, e quanto questa sia importante.
L’hanno chiamata in tanti modi, la discesa nell’inframondo, l’incontro con l’inconscio, andare alle ceneri, ma il punto è sempre lo stesso: il momento nella vita in cui, per un evento esterno o interno, magari improvviso ed inaspettato, ci ritroviamo “per terra”, colpiti e scaricati, costretti a fermarci, a guardarci dentro, guardare le nostre ferite, le nostre emozioni e i nostri limiti, ed il lato oscuro, nostro e della Vita.
Detta così, non sembra per niente una cosa positiva, anzi sembrano quelle esperienze che normalmente archiviamo sotto la voce “sfighe da non ripetersi”. Ma la verità è che sono una delle cose migliori che possono succederci, e da cui necessariamente dobbiamo passare per crescere.
E’ un’esperienza importante per gli uomini quanto per le donne. Ma sicuramente questa si declina in modi diversi per i due sessi, e io qui vorrei parlare del suo valore nel percorso personale di un uomo. Sicuramente una donna saprà parlare del suo valore per le donne meglio di me.
Proviamo allora a dare un’occhiata, in maniera generale e quindi limitata, a come cresciamo noi ometti. Da adolescenti andiamo a scuola, sogniamo il nostro futuro, qualche volta trasgrediamo e ci lanciamo in sfide impossibili per metterci alla prova, ma in ogni caso pensiamo di avere una strada luminosa davanti a noi, che nel tempo diventerà sempre più certa e definita. Strada facendo ci conformiamo a quello che la società si aspetta, vogliamo farne parte, sogniamo di diventare dei professionisti in un qualche campo, riconosciuti e stimati dagli altri. Insomma, per parlare per archetipi, diventare dei luminosi Zeus o Apollo. Nel fare questo voliamo alto, alimentiamo soprattutto la nostra parte mentale e razionale, controllando e addomesticando le altre parti di noi più selvagge ed imprevedibili. Magari facciamo anche dei percorsi personali, coltivando la nostra parte spirituale, entrando in contatto con il nostro lato più “morbido” e femminile. E spesso, così facendo, diventiamo quelli che vengono definiti dei “volatori”: molto mentali, molto spirituali, ma poco in contatto con le nostre parti più nascoste, più oscure, le nostre emozioni, le nostre paure, ed i nostri limiti. E questo ci può far sentire sicuri ed a nostro agio nel lavoro e nei contesti sociali, ma restiamo in qualche modo “passivi”: raramente diciamo quello che davvero vogliamo per noi stessi, nella relazione con le nostre compagne e nel nostro percorso di vita. E spesso perché neanche lo sappiamo: non siamo mai andati davvero a scoprirlo. Facciamo fatica ad esprimere quello che sentiamo, che proviamo o vogliamo veramente, e lasciamo che siano gli altri, le nostre compagne per prime, a doverlo indovinare.
E a questo punto succede qualcosa. Può essere che ci siamo laureati con mille speranze e aspettative e non troviamo il lavoro che pensavamo, la fidanzata di sempre ci lascia di colpo, veniamo licenziati o dobbiamo affrontare prove che non ci aspettavamo. Di colpo, ci ritroviamo con il famigerato sedere per terra. E tutti quegli spazi luminosi che avevamo immaginato davanti a noi, tutto quel sostegno dalla Vita che davamo per certo, di colpo spariscono. Ci sentiamo “scaricati” dalla Vita.
Lo so che stai facendo le corna e mi stai dando del menagramo. In quelle occasioni ci sentiamo feriti, vulnerabili, fragili. E nessuno sano di mente lo vorrebbe. Ma proprio in quel punto entriamo in contatto con la nostra ferita interiore, la tocchiamo con mano. Sentiamo che non è affatto scontato che le cose per noi vadano sempre bene, scopriamo di avere dei limiti, e che potremmo anche avere bisogno di chiedere aiuto di tanto in tanto. Anche questo, è stato chiamato in mille modi: la Caduta, lasciare la madre per il padre, uccidere il ragazzo per far nascere l’uomo, incontrare Saturno. Comunque lo si voglia chiamare, si tratta di un’unica cosa: fare un passo avanti, scoprire di essere limitati, vulnerabili, scoprire anche il lato oscuro della Vita, della Natura, del femminile stesso. Perché fin a quando restiamo dei ragazzi “che volano”, che non vedono il lato oscuro della Vita e di se stessi, non potremo mai davvero confrontarci con il nostro percorso. Per fare un esempio, tornando al mito: Icaro, è la storia di un giovane che volò troppo in alto e d’improvviso cadde. Il problema di Icaro era che volando troppo alto non vedeva più la sua ombra, e senza questo non poteva veramente valutare l’altezza.
Trovi mille altri esempi dappertutto. Quasi tutte le fiabe, per dirne una, partono da un protagonista che “cade”, e si ritrova nel folto del bosco, dove tutto è più oscuro, ad incontrare un qualche personaggio, una vecchia, una strega, un mago, che lo mette alla prova. Perché quello è il posto, il momento nella vita, per capire davvero cosa vogliamo, per imparare a lottare per questo, guardando saggiamente alle nostre capacità ed ai nostri limiti, usando la strategia se serve, e chiedendo aiuto quando ce n’è bisogno. Se ci pensi, la maggior parte delle fiabe raccontano sempre questa storia. Te ne faccio un altro: il buon vecchio Amleto. All’inizio della storia Amleto è un giovane devoto all’amore per sua madre, che però si trova ad affrontare la realtà e vederne le parti più oscure, accettare il delitto del padre, le ombre profonde di sua madre e suo zio. In senso simbolico, deve lasciare il nido caldo e protettivo della madre per imbracciare la spada del padre e lanciarsi verso l’ignoto, l’insicuro, forse la morte. Nella storia purtroppo Amleto non ha un mentore, una figura maschile più anziana che lo possa guidare, e ha bisogno di mille peripezie, oltre che esca il padre dalla tomba per esortarlo, prima che si decida a farlo.
In alcune correnti psicologiche, l’Eroe viene visto come un archetipo immaturo dell’adolescenza, mentre il Guerriero è la sua evoluzione nell’età adulta: la differenza tra i due è che l’Eroe si getta in imprese epiche al limite dell’impossibile, mentre il Guerriero lotta fino alla morte ma usando la strategia, conoscendo le proprie abilità ed i propri limiti, e chiedendo aiuto quando ne ha bisogno. E per passare da uno all’altro spesso c’è bisogno di una caduta. Ce n’è bisogno per poter realmente crescere, per poterci radicare sulla Terra, sui nostri passi, per conoscere il nostro cammino. Imparare che tutto nella nostra vita avrà un lato luminoso ed un lato oscuro, esattamente come noi stessi. Il rischio è restare degli eterni adolescenti che si lanciano nelle cose senza essere radicati, che volano alto senza davvero essere presenti nel loro cammino e nelle loro relazioni. Perché anche in una relazione, per stare veramente accanto ad una donna, devi saper vedere i suoi lati luminosi ed i suoi lati d’ombra, devi sapere cosa vuoi e cosa senti, e devi saperglielo raccontare. Altrimenti resteremo dei gentili, premurosi, accomodanti ragazzi che però rimangono passivi ed indecisi di fronte non solo al femminile, ma anche alla Vita stessa, ed al proprio vero percorso.
Non ho scritto questo post per augurarti che ti succeda una disgrazia. Solo per dirti che, se ti è capitata una cosa del genere, magari adesso, guardandola dal punto in cui sei, puoi scoprire che lì è dove hai fatto un passo avanti, hai incontrato l’uomo che sei, e la tua ferita. Spesso in quel punto incontriamo anche nostro padre, lo conosciamo come uomo, magari scoprendo che la sua ferita interiore non è troppo diversa dalla nostra.
E se non ti è ancora capitato, prova a pensare che, se un giorno dovesse succederti di cadere, per quanto lo maledirai, sarà una bellissima occasione che la Vita ti starà dando per incontrare davvero te stesso. E di sicuro accadrà nel momento giusto: la Vita ci manda una sfida solo quando siamo davvero in grado di affrontarla.
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